di FRANCESCO MELONE
«Bastano le fontane per giustificare un viaggio a Roma», affermava attorno al 1820 il poeta romantico inglese Percy Shelley. Non esiste al mondo città più ricca di fontane di Roma. Ed è nel gioco di rimandi tra vasche e zampilli, laghetti e ponti sparsi tra i sette colli, che, a ben riflettere, affondano le radici di noi Italici, con l’acqua.. Un rapporto che trova conferme su è giù per il Belpaese – quale borgo non ha la sua monumentale fontana ? – mentre resta senza paragoni nel resto del mondo.
In nessun altro luogo come qui nella Penisola l’uomo ha mantenuto l’antica capacità di modulare con l’acqua un dialogo dalle infinite sfumature, innalzandola alle massime espressioni: qui l’acqua è arte.
Se osserviamo la mappa del centro storico di Novi Ligure la fontana di piazza Dellepiane si presenta come l’ombelico della Città, ed è forse per questo che, dopo la Torre del Castello, è presa a simbolo di enti cittadini, come il Rotary Club e la Società Storica del Novese.
La sua origine si inquadra nel delicato momento storico in cui si attua il passaggio dal governo napoleonico a quello sabaudo.
Nella seconda metà dell’aprile 1814, dopo aver battuto Napoleone nella battaglia di Lipsia e di averlo costretto all’abdicazione, occupata Parigi, gli alleati della Coalizione procedono alla liquidazione degli stati napoleonici satelliti.
Truppe inglesi, rinforzate da milizie miste a maggioranza siciliana, al comando del quarantenne generale lord William Bentinck (1774 – 1839), comandante delle forze inglesi in Sicilia dal 1811, erano sbarcate a Livorno e risalivano la Penisola.
Conquistata Genova si apprestavano a liberare l’Oltregiogo. Il 18 di quel mese lord Bentinck raggiunge Voltaggio e vi sosta in attesa di poter passare senza spargimento di sangue sotto il forte di Gavi, tenuto dai Francesi, ancora efficiente e pronto a subire l’attacco o l’assedio.
Il sale, come si sa, era una merce molto importante e richiesta all’epoca per i suoi vari ed indispensabili usi ed in quei giorni i Novesi, resistendo alla richiesta francese, impediscono il trasferimento di un ingente quantitativo di sale da Novi al Forte di Gavi.
In compenso di tale atto, il Bentinck avrebbe disposto la somma necessaria per dotare il centro della Città di una bella fontana.
Vediamo qual è la vera storia dell’affare del sale, in base alla documentazione relativa.
Certo Poli,Comandante della Piazza e del Forte di Gavi, militare certamente di indiscusso valore, ma politico di scarsa acutezza, come apparirà dal suo comportamento e dai suoi dispacci, non si è ancora reso conto che tutta la struttura napoleonica stava crollando e benché da chiari e ripetuti segni appaia lo sfascio totale dello stato precedente, egli cerca ancora di provvedere, secondo le vecchie procedure, alle necessità della piazza e del Forte.
Infatti, il giorno 20, di buon mattino, un reparto francese, munito di carriaggi, si presenta in Novi al signor Occlerio Maria Bozzi, ricevitore dei Sali e Tabacchi, per prelevare, esibendo una lettera del comandante del Forte, 200 quintali di sale necessari per l‘approvvigionamento della Piazza e per coprire la somma di 6000 franchi destinati al soldo della truppa.
Sembra che il Poli non fosse proprio sicuro del buon esito della richiesta se, in calce alla lettera si appella allo zelo del Ricevitore “per il bene del servizio” ed alla stretta necessità del momento, espressioni che normalmente non erano presenti nei buoni di prelevamento.
Ai cittadini Novesi, che avevano mal sopportato l’occupazione repubblicana, e che ora sono dalla parte della Restaurazione, non fu certo gradìto il rumoroso ingresso in città dei francesi e non risulta esplicitamente in qual modo e fino a che punto la popolazione abbia dimostrato di approvare il rifiuto del Ricevitore di consegnare il sale, però la situazione doveva farsi grave, se il Maire (sindaco), Ermenegildo Guasconi, da oltre 10 anni a capo della Municipalità, prima scende in piazza e quindi, assistito dall’amico Giobatta Pavese, comandante della Guardia Nazionale cittadina, si reca dal Sottoprefetto a pregarlo di voler ordinare alla truppa di ritirarsi.
Il Sottoprefetto, forse l’ultimo francese rimasto a Novi, si premura di ordinare al Comandante del reparto di tornare al Forte e lo fa latore di una lettera al Poli, nella quale per ben due volte trova l’occasione per pregarlo di non far più richieste di approvvigionamenti, promettendogli di fargli avere importanti notizie non appena saranno ufficiali. Evidentemente egli conosceva lo stato degli eventi in atto.
A sua volta, anche il Maire, più insicuro, cerca di guadagnare tempo e scrive al Poli, promettendo il suo interessamento ed ogni suo sforzo per raggiungere un accordo con il Ricevitore sulla consegna del sale.
La risposta del Poli non si fa attendere: ringrazia il Maire per aver risolto gli inconvenienti che avrebbero potuto sorgere fra il popolo e la truppa del Forte, ma nello stesso tempo lo prega di fargli spedire i 200 quintali di sale entro le 24 ore e, in caso di inadempienza, lo invita a far conoscere non oltre il giorno stesso, chi siano coloro che si oppongono alla esecuzione dei suoi ordini.
A questo punto il Guastoni, abbandonata l’incertezza, risponde non più in lingua francese, ma in italiano, trasmettendo al Poli una lettera del Ricevitore dei Sali e Tabacchi, in cui viene dimostrata amministrativamente e tecnicamente l’impossibilità di aderire alle sue richieste e in cui si consiglia di rimanere in attesa dei nuovi ordini superiori, sollecitati dal Bozzi.
Il Poli finalmente si rende conto della realtà e si dichiara disposto ad aspettare.
Mentre i corrieri si affaccendavano fra Novi ed il Forte di Gavi, la popolazione si garantiva contro un eventuale tentativo di prelevamento del sale, trattenendo, pressoché in ostaggio, il Sottoprefetto.
Nella notte il Poli è informato ufficialmente dell’armistizio, firmato il 16 aprile, cioè 4 giorni prima, dalla Coalizione e da Eugenio Beauharnais (che aveva tentato, dopo la sconfitta di Lipsia, la difesa del napoleonico Regno Italico), e quindi della cessazione delle ostilità, ma, illudendosi di sopravvivere agli eventi, si eleva a tutore dell’ordine, reclama l’immediata consegna del Sottoprefetto e minaccia i Novesi di riferire sulla loro cattiva condotta al Principe (quale non si sa). L’ingiunzione non viene ovviamente rispettata, anzi del Poli non si sentirà più parlare.
Sorge invece un altro problema. Si è visto che il sale occorreva anche alla piazza di Gavi ed il 21 aprile il Maire di quella comunità scrive a quello di Novi, denunciando le tristi condizioni della sua gente, che è costretta a vivere con appena mezza libbra di sale per famiglia negli ultimi sette giorni e che quindi, se non riuscirà ad averne l’occorrente, minaccia di rivolgersi al Comandante inglese, stazionante a Voltaggio.
Il Sindaco di Novi assicura che il signor Bozzi è pronto a consegnare, previo pagamento, come già fatto al mattino per il tabacco già richiesto.
Il giorno 23 si riunisce il Consiglio Comunale, il quale, considerato che il sale ed i tabacchi appartengono ad un governo che non c’è più, delibera di prendere possesso di detta merce previo regolare inventario, dal quale risulta che nel magazzino, sito nel borgo della Cavanna, fuori della Porta, vi sono 573.301,590 kg di sale proveniente da saline francesi, mentre nel magazzino del tabacco, in contrada delle Monache, vicolo Calleri, vi sono 1667 kg di tabacchi e sigari vari
Il sindaco Guasconi rimarrà a galla ancora per qualche giorno fino al 25 aprile 1814, giorno in cui entreranno in Novi le truppe di Sua Maestà britannica, che sistemeranno la loro guardia, composta da 67 uomini nel Palazzo Negrotto, oggi Dellepiane, naturalmente a spese del Comune.
Ma l’avventura del sale non finisce qui. Dopo pochi giorni, precisamente il 2 maggio, il Commissario inglese in Novi, in nome del suo Governo, confisca il sale ed i tabacchi che il Bozzi aveva in consegna e sui quali il Comune contava per rifarsi del credito di franchi 15.440,51 verso il Governo francese.
Il vice-presidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Maria Carlini, si affretta ad informare dell’accaduto i due delegati presso il Governo di Genova, Paolino Sauli e Luigi Peloso, fornendo elementi per un ricorso, giustificato dall’azione svolta per difendere il sale dai francesi ed aggiungendo che il suo valore compenserebbe appena il credito verso il Governo francese e le spese per le truppe inglesi.
La lettera relativa viene però recapitata il giorno 5, quando il Commissario inglese aveva già venduto in blocco il sale ed i tabacchi ad un non meglio identificato signor Seghino.
I due delegati chiedono un abboccamento direttamente con Lord Bentinck, il quale si complimenta per aver salvato il sale ed i tabacchi “dagli artigli dell’Aquila Francese”, ma comunica che la “Commissione Britannica delle prede” non ha aderito alle richieste del Comune di Novi, assicurando però che una certa somma, dedotta dai proventi della loro vendita, gli sarà assegnata.
Pare che effettivamente quella certa somma sia stata data, anche se non è stato ancora trovato documento che lo attesti. Ci si deve soltanto attenere a quanto scrive certo Giuliano in un opuscolo edito a Torino verso il 1856, dal titolo «Viaggio da Torino a Genova », in cui, descrivendo la nostra Città, si legge: « La fontana di marmo in piazza della Collegiata, alimentata da varie sorgenti ad un miglio di distanza dalla città, fu iniziata con una elargizione cospicua del generale inglese Lord Bentinck, per riconoscenza ai Novesi che avevano salvato un deposito di sale nel 1814 al momento della evacuazione dei Francesi ».
Poiché le altre notizie segnalate sulla città e sul commercio cittadino sono del tutto reali e precise, non si ha ragione di dubitare su quanto riferito in merito alla fontana.
Siamo nell’800 e la funzione delle fontane pubbliche sta mutando. Da utilitaristica essa si sta facendo sempre più ornamentale. Nei secoli precedenti quel manufatto serviva a fornire acqua per usi domestici e per abbeverare i quadrupedi.
Nel 1816, rifatto con nuovi criteri l’acquedotto civico, viene preso in considerazione l’intento di erigere una fontana di marmo che abbellisca la piazza della Collegiata, testè rialzata e spianata. Diversi progetti erano stati presentati dall’architetto Benedetto Cervetto di Genova. Viene prescelto quello con in cima un pastore dalla cui zampogna esce uno zampillo d’acqua. I lavori vengono ultimati nel 1823 ed all’inaugurazione vi fu murata una lapide, la cui epigrafe, dettata dal latinista Faustino Gagliuffi, ed ormai scomparsa, diceva.
AQUA IUGIS URBI PARTA
CAROLO FELICI REGE
FR.LENCISA PRAEFECTO PROV.
BAUD. CANEFRO MAG.CIV.
(Acqua perenne è assicurata alla Città:..)